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La scoperta dell'acqua calda


Da marzo 2009 a marzo 2011 ho partecipato, in qualità di psicologa, alla conduzione di gruppi per la preparazione alla nascita, presso il Centro per le famiglie “Il Melograno” di Sesto Fiorentino. Attività  appartenente al Progetto “Assistenza al disagio psicologico in gravidanza e nel puerperio e prevenzione della depressione post-partum”, cui collaboravo e che è inserito nel P.I.S. della S.d.S. nord-ovest .



La gravidanza ed il parto sono esperienze davvero  “vecchie come il mondo” eppure, durante gli incontri di gruppo con future mamme, ciò che emerge dal confronto esperienziale delle partecipanti  è tutt’altro che scontato o ripetitivo, come forse ci si potrebbe attendere  a priori.

Mi ritrovo ad assistere a quella che per loro è la “scoperta dell’acqua calda” più importante, l’acqua vitale che alimenta una mamma, il suo bambino, la coppia e tutto quanto a ciò si può ricondurre. E’ la più comune esperienza della condizione di donna, ed al contempo la più unica e forte  quando vissuta in prima persona. Così quando durante l’incontro alcune mamme sottolineano il fatto che ogni gravidanza è unica e al contempo dicono “l’han fatto in tante lo farò anche io”,  non credo mettano in campo solo un contenuto logico piuttosto ovvio, una “scoperta dell’acqua calda”, per “parlare di parole”,  ma un qualcosa da integrare con tutte le incertezze, le incognite, le emozioni e talvolta le ambivalenze legate alla loro condizione speciale. Le parole di una mamma sulla sua gravidanza, sul bambino immaginato, immaginario, fantasticato, sono scritte sul corpo, sono agganciate ad una sensorialità molto forte, più che mai quando (come nel nostro caso) siamo innanzi a gravidanze avanzate.

Si parte dal confronto molto concreto sul  “come sta andando la gravidanza” o sulle dimensioni delle pance o su quale ospedale si è scelto per partorire e cosi via. Ma il simbolico è (nella maggior parte degli interventi) dietro l’angolo. Che interessante  tutto il tema della seconda maternità, della relazione mamma-primogenito, della trasmissione intergenerazionale di esperienze e competenze tra la futura mamma e la propria mamma che in momenti come questo si colora di nuove e talvolta inattese sfumature…

Non è una situazione terapeutica la nostra, ma ciò nonostante accadono secondo me momenti terapeutici, momenti in cui il gruppo permette l’affiorare di contenuti veramente importanti. E’ come se il gruppo in certi momenti fungesse simbolicamente da balia, anticipando una funzione di nutrice di emozioni, di sguardi e di silenzi. Permettendo alla mamma di ritrovarsi (rispecchiarsi) nelle paure o nelle incertezze della donna che le siede accanto, dubbi cui per mille motivi può non essere facile dar voce, da sole. E’ un po’ come se, volendo vedere i nascituri come “contenuti”, nel gruppo si incoraggiasse la “fase costitutiva del contenitore” (fase di cui in ben altro contesto parla Bolognini, come fondamento per il costituirsi dell’esperienza di uno “spazio ospitante” e che quindi precede l’instaurarsi e lo svolgersi delle funzioni di rêverie). Questo mi rimanda  all’intervento di una donna prossima alla sua prima maternità  che ha portato in maniera forte una vera e propria paura legata al momento del parto;  il suo è stato un contributo molto interessante, che ha prodotto reazioni volte soprattutto al tentativo di suggerirle azioni in grado di ridimensionare questa ansia legata alle fantasie sul momento del parto.

Certo non è possibile, in tali frangenti, aprire chissà quali porte sul mondo interno delle partecipanti ma c’è comunque un qualcosa che permette un passaggio, un accesso, che mi permette ipotesi psicologiche ma soprattutto il sentore di un empatia in buona parte diffusa e condivisa. Ecco allora che una dozzina di donne, in solamente un’ora e mezza circa di incontro, riescono a farmi pensare alla dimensione interpsichica e a quella intrapsichica. E una volta di più, mi fanno capire quanto in psicologia ogni acqua calda sia tutta da scoprire.

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